Castiglione d’Orcia: Eventuali fusioni tra i Comuni, no a obblighi “Lasciate decidere alla gente”

14334400“A me pare che si vogliano comprimere le libertà di espressione e di scelta dei cittadini rispetto a decisioni davvero fondamentali come le eventuali fusioni tra Comuni”. Non lo manda certo a dire il sindaco di Castiglione d’Orcia, Claudio Galletti, quello che pensa rispetto ai tentativi di portare i piccoli Comuni a fondersi. “E’ in atto, e non da ora, una vera e propria campagna a vari livelli e soprattutto attraverso i mass-media – continua Galletti – per veicolare tra la gente il concetto che le fusioni, forzate aggiungo io, porteranno grandi benefici in termini di efficienza e di risparmi sui costi. Personalmente la cosa non mi convince, o almeno non del tutto, ci sono molte cose che non quadrano”. Quali ? “Intanto i Comuni, anche quelli piccoli, costituiscono storicamente l’ossatura della pubblica amministrazione nel nostro Paese, sono da sempre i più vicini ai cittadini; con il tempo hanno assunto nuove funzioni e gli sono stati delegati compiti crescenti proprio in rapporto alla loro prossimità con la gente”. C’è dell’ altro ? “Si, certamente. Occorre tenere conto di molti fattori, a partire dalla storia delle comunità, dalle estensioni territoriali e dalla popolazione presente; perché – e magari per qualcuno ragionerò al contrario – quando i paesi sono distanti fra loro anche molti chilometri, le fusioni porteranno inevitabilmente ad allontanare i centri decisionali ed organizzativi dalle singole, piccole realtà. Già oggi abbiamo associato molti servizi ed altri potrebbero esserlo in aggiunta: questa mi sembra la strada giusta da percorrere”. Viene detto che i bilanci saranno più razionali ed il personale meglio gestito… “Anche di queste cose non sono pienamente convinto, perché la somma del personale dipendente non diminuirà le dimensioni dei territori nel loro complesso e neppure i servizi da erogare, a meno che non si voglia andare ad ulteriori tagli. Per quanto riguarda i bilanci, poi, la fiscalità sociale (quello che lo Stato trasferiva ai comuni) è ormai un ricordo sempre più sbiadito ed i comuni devono reggersi sostanzialmente sulle tasse applicate ai loro cittadini ed a coloro che possiedono una seconda casa nel comune: ci obbligano a scelte sempre più nette, ad usare l’ascia per far quadrare i conti, assumendo decisioni sofferte ed avvilenti per un amministratore che ha scelto di mettersi al servizio dei suoi concittadini”. Tempi di scelte impopolari, dunque… “Decisamente si. D’altra parte anche a livello centrale si fanno delle scelte: ad esempio, si finanzia il Jobs Act con quasi 4 miliardi di euro l’anno; se quella stessa cifra fosse ripartita alla pari fra gli oltre 4.000 piccoli comuni che si vogliono far sparire, avremmo ciascuno un milione di euro all’anno per fare molti interventi, nei più svariati settori: dalle manutenzioni agli incentivi per il piccolo artigianato ed i mestieri in via di estinzione, dalle sistemazioni stradali al decoro urbano, da un sostegno tangibile per il sociale ed il volontariato a qualche attività culturale (settore sempre in prima fila nel subire penalizzazioni), tanto per dirne alcuni”.

Da Venerio
Aurelio Visconti
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