Conversazioni alcoliche

castell'azzara 10:5:06:1Questo è l’inferno; questo qui, ora, è l’inferno. Al tavolo del ristorante una coppia di fidanzati spennella senza sosta la tastiera del cellulare con i polpastrelli; non si guardano che ogni tanto. “Homo et labor”, finché morte non sia riposo. Sosta e ozio, come la peste; “ago” solo per comprare, anche i sentimenti. Vecchi nelle gabbie dei bisogni familiari; old people and wheelchairs al guinzaglio di guardiani esotici per coscienza assoldata a ritmi imposti dall’assenza di volontà benedetta da morale “umana”. Feticci e feticci ovunque, come totem delle tribù dei saldi. Anime vaganti nel niente di chiacchere petulanti, svuotate come gusci di uova della vita, gettate a casaccio nelle case, negli angoli delle strade, nei sedili delle auto, nelle discariche dei mondi dei sogni proibiti. Tabù che nascono nascosti, perfidi e subdoli, senza che ci sfiori il sospetto della loro apparizione. Tabù voluti da chi può, dai macellai accolti a braccia aperte come salvatori dell’uomo; come un Moloch che succhia il senso del mondo, a cui sacrificare gioia e tempo. Case con luce e acqua, viaggi veloci e comodi, terapia del dolore, poltrone da cui guardare il mondo, cibo e cose come discariche sopra problematiche filosofie, sesso e amore come contratti e confessionali nascosti, questo il nuovo paradiso. Pensiero preconfezionato alla portata di tutti, da comprare senza sforzo sugli scaffali illuminati dei centri commerciali. Un sacro tempio è ormeggiato nell’agorà di ogni casa; lucido, piatto, che parla a comando, che parla di tutto, in cui dormono i cervelli. Un sacro tempio piovra dolcissima come odore di cadaveri umani, nausea indolore la voglia di vivere. L’idea che i nostri tempi hanno dell’uomo è quella di un contenitore che deve essere riempito, a tutti i costi, senza tregua, senza dubbi. Il suo simbolo è un garbage pail. Uomini da sopportare, animali da amare. Uomini da disprezzare, animali da perdonare. Uomini e animali, in un mondo di sole bestie. Baobab, cavoli e pisciacane guardano un orizzonte di crudeltà volutamente gratuite, da cui si alzano pennacchi di fumosi discorsi per giustificare il sacrificio del sogno dell’uomo. Sono segnali di fumo non compresi e che non si vogliono vedere. Oggi è meglio di ieri; ieri si moriva per una banale infezione, per un mal di pancia, per un’indigestione, oggi si muore senza vivere. Oggi si muore da vivi ogni giorno, senza volontà di ribellione. Oggi, chi prova a portare il suo strisciare oltre le mura del castello di cristallo, viene crocifisso dall’indifferenza o deriso come folle. Parlo con i morti perché io sono morto.

Da Venerio
Aurelio Visconti
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