Cronache dall’esilio XLIII: PC o droghe?

L’incredibile transfuga Carlo Rossella (passato nel 1994 dalla sinistra, anche estrema, al soldo di Berluskaiser) ne ha infilato un’altra nella rubrica quotidiana che tiene su Radio Dimensione Suono. Questa volta elettronica. Cita lo studio di una università straniera per cui l’uso delle apparecchiature elettroniche distrae – soprattutto i ragazzi – dall’uso delle droghe. La tesi sarebbe la seguente: stare attaccati ad un aggeggio elettronico (PC, smartphon che sia) non da tempo per cercarsi una droga chimica. La cosa può anche essere vera, perché la ricerca della droga “preferita” (legale o illegale) implica sempre un grande dispendio, oltre che di denaro, di tempo (l’unica scarsa ricchezza degli umani). Si passa un sacco di tempo per trovarla, per acquistarla, per poterne godere degli effetti e per potersi riavere da questi stessi e dalle loro conseguenze negative.

Ma è la chiosa personale di Rossella che è esilarante. Egli prima dice un’ovvietà, che ormai tutti sanno anche i dodici lettori di queste Cronache: anche chi sta attaccato agli aggeggi elettronici non riesce più a farne a meno, stabilisce con essi un legame coattivo (impropriamente definito anche da Rossella “dipendenza”, termine che non ha mai avuto alcuna consistenza scientifica e ora apertamente contestato; il discorso sarebbe lungo, basti pensare a questo: come fa a stabilirsi una “dipendenza fisica” da un comportamento che non implica l’uso di una sostanza ?). Poi Rossella annota che è meglio rimanere agganciati ai dispositivi elettronici che alle droghe chimiche perché i primi non hanno conseguenze negative sul fisico che invece hanno le seconde. Come si vede la cultura dominante della riduzione del danno continua a fare … danni!

Ora spiegate che gli aggeggi elettronici non danneggiano il fisico alle famiglie dei ragazzini non solo giapponesi, ma anche nostrani, che passano le loro giornate chiusi in camera tra telefonino, play station, pc ecc. e che non riescono più a dormire, a mangiare, ad andare a scuola o banalmente a prendere una boccata d’aria.

Da Venerio
Aurelio Visconti
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