Non si finisce mai di sbagliare

fiora bonelliLa generazione politica alla quale anagraficamente appartengo –quindi, ahimè, un bel po’ in là con gli anni– è stata formata ad esercitare anche una funzione importante, forse oggi desueta, cioè quella di non rifuggire dall’autocritica quando questa fosse stata necessaria.

Non è un compito facile per nessuno, tantomeno per me; quando era il mio turno tergiversavo e tentavo di svicolare. Poi, presto o tardi, ti trovavi costretto a farlo, quindi a riconoscere gli errori che per miopia politica avevi commesso, ammetterli e tentare di porvi rimedio. L’autocritica che tento di fare oggi purtroppo so che, per il tempo trascorso, è sostanzialmente poco significativa, e magari serve soltanto ad alleggerirmi del disagio vissuto.

Il mio errore politico, ovvero svolto durante la mia militanza ed attività sia di partito sia istituzionale, che coinvolge anche la sfera dei rapporti interpersonali, l’ho più volte commesso nelle mie relazioni con una persona di elevato spessore culturale e di grande raffinatezza professionale. Questa persona, questa donna, purtroppo non è più tra noi da oltre due anni ed è Fiora Bonelli.

Al di là del profondo e reciproco rispetto personale, che non è mai venuto meno, ho sempre diffidato politicamente del suo lavoro, ritenendolo avverso a ciò che pensavo e che facevo, soprattutto come appartenente ad un preciso ambito politico. Ovvero, questo tentativo di difesa delle mie analisi e posizioni, ha sempre fatto velo rispetto alle cose che scriveva e che diceva Fiora, in sostanza non mi ha fatto vedere nelle giuste dimensioni il suo lavoro.

Non è sempre stato così, soprattutto negli ultimi tempi questo mio brutto carattere (chiamiamolo così…) si era notevolmente affievolito, mentre lei, di contro, non ha mai manifestato negli anni né ostilità né diffidenza; questo non era solo un tratto caratteriale, ma la prova che lei nel suo agire era guidata da ottime capacità intellettuali. Questo riavvicinamento però non mi ha fatto del tutto superare tratti di dogmatismo che mi sono propri, al punto di non farmi accettare di poter collaborare con lei nel suo lavoro di diffusione della cultura e dell’informazione in questa parte delicata e importante del nostro territorio. Lei e il suo editore hanno sempre mostrato pacatezza e una reale apertura professionale e sociale: non ho saputo coglierla.

Oggi, a due anni dalla dolorosa scomparsa di Fiora, mi rendo conto degli errori ma soprattutto riseco a misurare cosa significa non avere più una militante culturale quale era lei. Siamo in molti a sentire il vuoto che ha lasciato e che purtroppo non è stato colmato, anche perché le qualità che lei possedeva non sono diffuse o facili da possedere, soprattutto è cosa rara essere dotati del suo tratto saliente: la curiosità intellettuale.

È vero che non vale molto quanto solo oggi scrivo, comunque, non lo faccio solo per riassettare un poco la mia coscienza o seppellire qualche senso di colpa, lo faccio per ricordare –prima di tutto a me stesso– che dopo la scomparsa di Fiora siamo tutti molto più poveri, e mi ricorda la elementare ma saggia norma: quando qualcuno incrocia la tua vita bisognerebbe sempre essere capaci di saper vedere ed ascoltare meglio, non dare per scontato nulla e cogliere la disponibilità al dialogo come cosa preziosa, da non perdere.

Sergio Bovicelli

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