Una cena speciale. Piccoli suggerimenti per la “brava” cuoca medievale

14570593Questo pezzo sulla storia della cucina e sull’arte di cucinare introduce una nuova rubrica dedicata al “mondo del cibo”, che in questi ultimi anni ha conosciuto una rinnovata attenzione, con movimenti come Slow food nati per ribadire il diritto ad una alimentazione sana e la necessità del rispetto della tradizione alimentare.

Nella nostra cultura quando dobbiamo servire un pranzo, prima di tutto apparecchiamo la tavola. Ma come mai parliamo di tavola se quello che utilizziamo si chiama tavolo?

Se apparecchiare deriva dal latino”parare”, ossia preparare, il termine “tavola”ha origine nel Medioevo quando, per preparare un banchetto, si prendevano alcune tavole di legno(mensae) e si mettevano sopra dei cavalletti.

Intorno alla tavola venivano posti sgabelli o panche per far sedere i commensali, contrariamente alla cultura greca e romana infatti, non si mangiava più sdraiati nel triclinio, ma si stava seduti a tavola. Tavola che veniva coperta con una tovaglia, generalmente in lino. Nelle novelle di Boccaccio si menzionano “tovaglie bianchissime”(Decameron, Giornata V, Novella IX) e l’uso dei petali dei fiori “rose, fiori d’arancio ed altri odori”, come nella novella Andreuccio da Perugina (Decameron II,5).

I piatti e le scodelle, solitamente di terracotta sulle tavole comuni, venivano usati per le zuppe e i primi piatti. Con l’introduzione della maiolica arcaica, a partire dal secolo XIV, compaiono spesso sulle tavole bacini tronco-conici usati per le portate comuni e boccali decorati in bruno e ramina con motivi geometrici o zoomorfi, come quello che ci viene proposto da Duccio di Boninsegna (1308-1311) nel particolare della predella della Maestà, a Siena,nel Museo dell’Opera del Duomo.

I cibi solidi si portavano alla bocca con le mani; le posate erano costituite da cucchiai di legno, bronzo o ferro, a seconda della ricchezza dei commensali. I coltelli abitualmente erano personali, ma non dovevano essere molto usati, perché le carni arrivavano in tavola già tagliate.

La tavola resta comunque fra Medioevo e Rinascimento un luogo raffinato, piacevole e favorevole alla salute dei commensali come dimostrano vari documenti conservati nell’archivio Sforza-Cesarini a Roma. Se prendiamo come esempio la nobile famiglia degli Sforza di Santa Fiora, non possiamo non soffermarci sull’uso di carni, pesci e tartufi, che venivano serviti quotidianamente nei banchetti. La varietà dei prodotti è da collegarsi ai territori appartenenti alla contea sforzesca sul monte Amiata. Notevole è anche l’abbinamento del pesce con i tartufi, non mancano inoltre le carni pregiate di animali da cortile e da allevamento, ricorrenti nella tavola barocca, unite ai fagiani ed alle verdure “salutari”, ma non sempre comuni, come gli asparagi e gli agrumi, indicati per piatti dolci e salati. Altre tipologie di pietanze raffinate sono il cappone e la gallina ricoperti di verdure come i sedani e i “gobbi”, e per la gallina anche il fegato, insieme alle spezie ed ai tartufi.

Non mancano infine i gelati e soprattutto i più leggeri e delicati sorbetti, in genere composti con agrumi e frutta, cibi che richiedono il ghiaccio in ambienti appositi per conservarlo, come “le ghiacciaie”, che si trovavano anche in località della montagna amiatina. Nel comune di Santa Fiora è da ricordare una località denominata “le Conserve”, dove durante l’inverno veniva murata la neve fino agli anni Quaranta.

Comunque, se vuoi cimentarti in qualche ricetta, organizzando una cena medievale fra amici, ricorda: non ti lasciar tentare dai piccoli elettrodomestici che usi quotidianamente in cucina. Abbandona fruste elettriche, robottini, forni a microonde. Prendi tempo. La brava cuoca medievale e rinascimentale organizza il suo lavoro con estrema meticolosità, partendo dall’acquisto delle materie prime, meglio se a chilometri zero.

I procedimenti e l’elaborazione delle ricette sono spesso lunghi, elaborati e complessi, ma si possono realizzare con soddisfazione anche semplici piatti (come il Nucato).

Nella scelta del vasellame da mensa prediligi materiali poveri:vassoi in cotto o vimini, taglieri di legno.

Ricerca una vecchia tovaglia della nonna, puoi utilizzare se sei fortunata e la tua famiglia ne ha conservati, i vecchi teli tessuti a telaio, che venivano utilizzati nella nostra zona per coprire il pane fino agli inizi degli anni Cinquanta.

Gioca con la fantasia: usa fiori freschi e petali di rosa per guarnire i tuoi piatti.

L’effetto sarà assicurato.

Proponiamo tre ricette particolarmente adatte al rigido clima invernale: la porrata, il”paparo arrosto” e per finire un desser, il Nucato, una sorta di croccante o di torrone, a cui il profumo delle spezie dà un gusto particolare.

A base di “foglie”come si chiamavano un tempo le bietole, gli spinaci, il crescione o i porri, la porrata è uno dei piatti classici della cucina medievale, così come il papero, cioè l’oca giovane, ancora tenera e morbida. Apprezzatissimo nel Medioevo, è inserito fra gli arrosti in tutti i trattati. L’oca adulta, al contrario, piatto stagionale servito a Ognissanti in Italia e nel giorno di San Martino (11 di novembre), era forse un po’ meno pregiata.

Dato che il papero non si trova facilmente sui mercati italiani, questa ricetta viene bene anche con un’anatra molto grassa.

 

Porrata bianca al latte di mandorle

 

Ingredienti

Un mazzo di porri (700g circa)

300 g. di mandorle

12 g. di zenzero in polvere

miscela di spezie in polvere

¼ di cucchiaino di cardamomo

¼ di cucchiaino di noce moscata

¼ di cucchiaino di cannella

una punta di chiodi di garofano

Procedimento

Cuocere la parte bianca dei porri in acqua bollente salata, scolare e passare al passaverdura. Spellare le mandorle immergendole per qualche minuto in acqua bollente; quindi triturarle per ridurle in polvere e stemperarle nell’acqua in modo da ottenere un liquido spesso: poi filtrare. Mescolare ai porri. Aggiungere lo zenzero e bollire fino ad addensare. Servire caldo, come piatto di verdure e spolverare con le spezie.

 

Oca arrosto: “Del paparo”

 

(Di questa ricetta forniamo la versione pubblicata da O.Redon, F.Sabban,S.Serventi, A tavola nel Medioevo, Laterza 1994).

Ingredienti

1 bella oca di 2,5-3 kg.

¼ di litro di buon aceto

2 limoni sugosi o due arance amare

1 mazzetto di prezzemolo

3-4 foglie di alloro fresco

1 rametto di salvia

1 rametto di rosmarino

4-5 grossi spicchi d’aglio

sale

Procedimento

“Taglia il collo del papero o dell’oca, spennalo bene e fiammeggialo; taglia le zampe, svuotalo delle interiora e lavalo bene: prendi poi agresto e aglio, e se non ne hai prendi delle erbe odorose bagnate nell’aceto; ricucilo, mettilo allo spiedo e arrostiscilo; e se non fosse grosso metti dentro del lardo. E metti un po’ di acqua in una scodella, e prendi il grasso che fuoriesce dal papero. E quando sarà molto cotto, toglilo dal fuoco e dallo da mangiare insieme a succo d’arancia o di limone”.

 

Nucato

 

Ingredienti

Miele 100 g.

Noci (o mandorle o nocciole) 300 g.

Spezie (zenzero e cannella) un pizzico.

 

Procedimento

Mettere il miele in una pentola e lasciarlo sciogliere a fuoco basso, unendo insieme le noci pestate (o le mandorle o le nocciole triturate) e le spezie(zenzero e cannella). Lasciare cuocere il tutto finchè non si addensi e prenda un bel colore ambrato, facendo attenzione a girarlo spesso, perché tende ad attaccarsi.

Togliere dal fuoco e versare su un piano di marmo o più semplicemente su una teglia piana (meglio se foderata da carta da forno) stendendola con l’aiuto di un utensile di acciaio, come un lungo coltello.Lasciare raffreddare bene prima di servire.

Da Venerio
Aurelio Visconti
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