Bistecca alla fiorentina patrimonio dell’unesco e il carbone potrebbe essere quello dell’amiata certificato pefc

Senza titolo-1E’ stata lanciata ieri, dal Sindaco di Firenze Nardella, la proposta di avviare la procedura per l’inserimento della bistecca alla fiorentina nell’elenco del patrimonio mondiale dell’umanità, presenziando al convegno dal titolo “Produzione sostenibile nella Maremma toscana di carne bovina”, che si è tenuto al Palazzo dell’arte dei Beccai a Firenze.

Interviene nel dibattito il Presidente del Consorzio Forestale dell’Amiata Fiorenzo Caselli, che forte della sperimentazione in corso nell’ambito del Progetto RICACCI sulla produzione di carbone vegetale sostenibile realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Toscana – Sottomisura 16.2 del PIF FOGLIE (Progetto Integrato di Filiera Forestale), propone che la Bistecca alla fiorentina sia realizzata con il carbone toscano, prodotto in modo innovativo, proveniente dalla filiera corta e da boschi toscani certificati per una gestione sostenibile PEFC, come quelli dell’Amiata.

Dopo le parole di Nardella pronunciate ieri: “Mi auguro che con il contributo di tutti si possa fare questa operazione – ha continuato il Sindaco Nardella -, che non deve essere solo un’operazione di immagine, ma di sostanza. Ci deve servire a far comprendere che cosa significano la cultura e la tradizione legate all’alimentazione e cosa vuol dire un’alimentazione sostenibile e consapevole”, sembra opportuno, secondo il Presidente Caselli, ripensare a quali siano gli ingredienti principali della bistecca alla fiorentina, tenendo conto delle tradizioni, della cultura e della sostenibilità: la carne bovina di razze autoctone toscane come la Chianina e la Maremmana, con gli opportuni condimenti tradizionali e uno dei più tradizionali sistemi di cottura “il carbone da legna”.

E proprio sul carbone, va fatta una riflessione. Negli ultimi decenni, la Toscana e l’Italia, hanno perso completamente la produzione, poiché le tecniche erano obsolete e faticose ed è così, via via scomparso il lavoro dei carbonai. Oggi, con il nome di carbonella, si ricorre completamente a carbone proveniente dall’estero, Est Europa e Sud Amarica principalmente, che molto spesso non da adeguate garanzie di qualità, sicurezza e tantomeno certificazione di sostenibilità dell’intera filiera. La produzione di carbone vegetale da legna era un’attività, un tempo estremamente comune, molto diffusa in Toscana per l’ampio impiego che veniva fatto di questo materiale di origine naturale. Tralasciando la produzione quantitativa del passato, oggi non più sostenibile, quest’attività potrebbe essere oggi riscoperta, in modo innovativo, con interessanti applicazioni nell’ambito della valorizzazione degli assortimenti di minor pregio ottenuti dalle utilizzazioni forestali, nonché della creazione di filiere locali di produzione di questo materiale, ma soprattutto anche strettamente collegata alla tradizione culinaria toscana. Tradizionalmente, la produzione del carbone da legno avveniva mediante la realizzazione, su apposite piazzole in bosco, di vere e proprie cataste costituite da tondelli di legno sapientemente disposti e ricoperti da zolle di terra. Tale modalità è caduta in disuso ormai da molti decenni, azzerando di fatto la produzione del carbone toscano ed italiano. In altre parti del mondo si sono sviluppati dei modelli di forni mobili, molto diversificati fra loro, molto spesso, però, poco efficienti e con diversi problemi di efficienza e sostenibilità. In Italia non risultano sperimentazioni di forni mobili. Nel PIF FOGLIE in attuazione sull’Amiata, è stato proposto il Progetto RICACCI, dove Il gruppo di ricerca “Utilizzazioni forestali e biomasse legnose” del DAFNE dell’Università degli Studi della Tuscia, guidato dal Prof. Rodolfo Picchio in collaborazione con il Consorzio Forestale dell’Amiata nella figura del Dott. Paolo Franchi, ha condotto una sperimentazione di un forno di carbonizzazione prototipo realizzato dalla ditta B&C Technosystems S.r.l. di Cinigiano (GR) con il supporto della Next Technology Tecnotessile – Società Nazionale di Ricerche di Prato e la CIA Toscana, impiegandolo per la prima volta in Italia nella trasformazione di legna di faggio e querce caducifoglie. Sono stati utilizzati separatamente spacconi di faggio della lunghezza di 1 m, derivanti da diradamenti in fustaia e tondelli di quercia derivanti da utilizzazioni di boschi cedui. Nel progetto sono in corso di sperimentazione anche altre tipologie legnose provenienti dai boschi certificati del Consorzio. L’impiego del legno dai boschi gestiti dal Consorzio Forestale dell’Amiata permetterebbe, di attivare la catena di custodia PEFC, per una produzione di nicchia di carbone certificato 100% toscano. La ricerca svolta riguarda anche le analisi delle operazioni di funzionamento del ciclo produttivo e di caratterizzazione del materiale in entrata e uscita dal ciclo.

Quella del moderno forno mobile orizzontale in corso di sperimentazione (prototipo) dice Giovanni Alessandri, Coordinatore del progetto, è una tecnologia semplice che consente però di riattivare la tradizionale filiera produttiva del carbone vegetale in modo sostenibile dal punto di vista economico e valorizzante l’uso delle risorse locali di un territorio, secondo criteri di gestione sostenibile delle foreste e impiegando assortimenti residui che altrimenti sarebbero scartati o nella migliore delle ipotesi destinati come legna da ardere di medio basso profilo.

Gli incoraggianti risultati del progetto RICACCI, conclude Caselli, ci invitano a fare una proposta a tutti coloro che stanno lavorando al “riconoscimento Unesco”, chiudere la filiera corta toscana della bistecca alla fiorentina con carbone prodotto in Toscana, certificato PEFC, che garantisce la sostenibilità della gestione dei boschi e un carbone di altissima qualità, che può contribuire in modo “determinante” a rendere più gustosa la Fiorentina rendendola un “patrimonio” ancora più toscano

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