Conversazioni alcoliche

Castell'AzzaraA Giovannino non piacevano i regali. Perché se prima gli chiedevano cosa desiderava ricevere in dono, la sorpresa si annullava e si ammosciava subito la voglia di riceverli; amava sceglierseli da solo, senza intrusi; perché i suoi gusti non corrispondevano alla sua età, cosa che, se avesse preso forma compiutamente nella richiesta, avrebbe potuto sconcertare i grandi e lui non amava stupire ma preferiva restare fermo nel ruolo che la sua condizione di bambino prevedeva. La mattina di Natale sotto l’albero trovò ad attenderlo una grande scatola avvolta in carta lucida rossa sigillata da un fiocco giallo oro. Era più alta di lui, mentre quella del fratellino, stretta e lunga, poggiata accanto, lo incuriosi molto di più. Mentre i genitori erano ancora a letto, lui e Paolino, accovacciati davanti alle strenne, cominciarono a scartarle. Il fiocco della scatola più grande era stato annodato con troppa forza e gli sforzi di Giovannino per scioglierlo lo innervosirono così tanto che alla fine strappò la carta quasi con rabbia; invece Paolino in un attimo aveva aperto il suo pacchetto, e con gioia ora stringeva abbracciandolo, ora allontanandolo dal suo corpo con stupore per osservarlo meglio, un meraviglioso flauto nero listato di arancio. Giovanni si trovò davanti una splendida bicicletta rossa piegata in due, non da corsa ma molto bella, solo che non riuscendo a sistemarla in piedi sul cavalletto, decise di attendere il babbo per farlo. Quando lui venne trovò i due figli a litigarsi lo strumento musicale, allora con calma montò la bicicletta e invitò Giovanni a provarla nel viale. La mattina di Natale tutti amano trattenersi con i figli in casa a giocare con loro e ad assistere ai preparativi del pranzo, nessuno infatti era fuori, lasciando che i due provassero in santa pace quel regalo. I cani però se ne infischiano delle feste e di quello che fanno gli uomini, così ad un certo punto uno di loro decise di attraversare la strada; apparve all’improvviso con quell’aria un po’ assente che hanno quando gironzolano senza una meta; il ragazzo cercò di evitarlo, sterzò violentemente e finì per terra senza avere il tempo nemmeno di rendersi conto di cosa fosse successo. La bestia scomparve scodinzolando, mentre il padre si precipitò a vedere cosa si era fatto Giovannino. “Niente, solo un graffio al ginocchio” disse al padre. “Forza, guardiamo se stai in piedi. Alzati piano.” Il ragazzo appoggiandosi al braccio dell’adulto si rizzò, poi guardando di sfuggita la bicicletta disse che se invece di una bici gli avessero dato dei soldi sarebbe stato meglio. “Oh, sentitelo l’adulto. Non hai ancora undici anni e pretendi di essere trattato da grande. Dai, non fare il difficile che questa bici è proprio bella.” Non osò rispondere e controllò che tutto fosse a posto: ruote, raggi, catena, sellino, manubrio; tutto era in perfetto stato. Nemmeno una piccola sverniciatura sulla canna, non era successo niente. Paolino, che aveva otto anni e prendeva lezione di flauto da due, intanto suonicchiava. “Senti mamma come sono bravo” disse mentre entrava in cucina. “Incredibile, sei proprio in gamba, ma che canzoncina è?” “Ma come, non la riconosci, è la sigla di Peppa Pig” le rispose serio. Poi girò e tornò in salotto, dov’era l’albero. Sollevata la bicicletta il babbo si avviò insieme al figlio verso casa; Giovanni non parlava, e suo padre ogni tanto gli lanciava di nascosto uno sguardo, arrivati alla porta gli mise una mano sulla spalla dicendogli che sì, forse l’anno prossimo lui e la mamma gli avrebbero dato dei soldi invece di fargli un regalo. Il ragazzino saltò al collo del padre ed entrando di corsa in casa vide suo fratello di spalle che suonava, gli corse incontro e afferratolo per le braccia scuotendolo gli raccontò raggiante quello che papà gli aveva detto, ma forse troppo emozionato esagerò nella forza. Paolino, che aveva ancora il flauto in bocca, e che non aveva fatto in tempo nemmeno a girarsi, ondeggiò con la testa inspirando con troppa violenza; la zeppa dell’imboccatura si staccò dallo strumento penetrandogli in gola. Il flauto cadde, e mentre il bimbo diventava cianotico, Giovannino, senza accorgersi di niente, volò in cucina ad abbracciare la madre, dove trovò suo padre che già le aveva raccontato la novità. Quando tutti e tre dopo un po’ uscirono ed entrarono in salotto, Paolino era già morto disteso sul tappeto.

Da Venerio
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