Conversazioni alcoliche

“Viaggiare porta l’uomo a fuggire dal mondo, quanto sognare. Il sogno non è un viaggio ma uno sprofondare con la mente e i sensi in altra dimensione dove le possibilità arrivano senza essere annunciate, togliendoci ogni possibile responsabilità; lo spostarsi invece amplia le possibilità dando loro una consistenza eterea ed evanescente: divengono meno credibili facendo così diminuire anche qui la responsabilità dell’esistere.
Molteplici sono i modi del viaggiare, si può andare dalla cucina al bagno, o da Siena a Parigi; sempre però all’interno di una premeditazione o del normale adempimento dell’esistere. Per cui quando ci spostiamo solo per diletto, per spirito d’avventura o per curiosità, noi fuggiamo. Anche qui, infatti, le possibilità si diradano, aumentando il loro numero in estensione.” “In estensione? Cosa significa, non ti seguo più.” “Una professoressa di matematica, diceva scherzando a noi, suoi alunni, che la retta è quella cosa che appoggiata su un tavolo, penzola ai suoi lati. Eh, eh, era buffa l’immagine, e ridevamo. Ma… quel tavolo è la premeditazione, il normale adempimento dell’esistere. E’ un luogo determinato, un aggregato di forme, colori, volumi; è il banale quotidiano con le sue regole. Qui trovi causa ed effetto, trovi il prima e il dopo, il controllo, il sopra e il sotto. E’ un giorno come tanti altri; una possibilità uscita fuori dall’apeiron del mondo. Vivendola noi la uccidiamo perché la collochiamo nello spazio e nel tempo. La retta invece…” Un vassoio di tortelli di patate arrivò sul tavolo, collocandosi proprio tra noi. Come un’epifania ectoplasmatica misteriosa invase i nostri sensi, mentre vapore si alzava invitandoci a smetterla con quella conversazione. Il ristorante era in quella zona della Toscana che io amo definire il “triangolo dei tortelli”. Non è tutta nella nostra regione, ma abbraccia anche un piccolo lembo dell’alto Lazio, che gli dona un’atmosfera che sa di riti e processioni antiche, profumandola di incenso e di chiesa. Qui, a Proceno, si potevano trovare fino a qualche anno fa i tortelli dolci – veri e propri fossili rinascimentali -, mentre spostandoci di pochi chilometri a Castell’azzara incontriamo i veri tortelli maremmani, poi, restando nel suo comune e scendendo verso il bivio per Santa Fiora e Piancastagnaio, dopo aver preso la strada per Selvena, troveremo i tortelli di patate. Il tutto in linea d’aria raccolto in una decina di chilometri. “Ho capito. La retta è l’infinito mondo delle possibilità. Basta non fermarsi al tavolo, ma cogliere ciò che da esso è possibile intuire, ciò che lo circonda senza essere chiaramente espresso.” “Esatto – dissi, mentre a bocca piena mangiavo –, è come se esistesse un panorama occulto sfuggente ai nostri occhi, perché troppo impegnati a distinguere ciò che è immediatamente necessario. Lo si potrebbe chiamare un metapanorama. Buffo, no?!” “Infatti, ora ad esempio, mangiando questa delizia resta difficile solo immaginarlo. Anzi, risulta proprio impossibile, perché siamo troppo presi dal momento.” “Vedi: il tavolo! O meglio, in questo caso, la tavola. Sempre lei nel mezzo!” Il tortello di patate è un’arte, facile ma difficilissimo a farsi. La sfoglia deve essere molto fine, quasi un lenzuolo di seta: il ripieno all’interno composto da patate e ricotta arricchito da poco sugo di carne, lo stesso sugo che useremo per condirli, sarà avvolto al suo interno delicatamente. Il risultato finale dovrà essere una perfetta armonia di vellutate fugaci rugosità, rese al palato ancor più gradevoli dal giusto equilibrio tra patate, ricotta e ragù. “Restiamo invischiati nella vita avvolti da una rete evidente ma invisibile di costrizioni usuali, che alla lunga compongono, aiutate dall’abitudine, la nostra stessa esistenza. Questa rete raramente viene rotta; quando capita è difficile ritrovare una strada da percorrere, perché non siamo “abituati” alla libertà.” “Ecco, mi spieghi cos’è la liberta.” “Non lo so. Però ne parlo. Strano? Contradittorio? No. Perché essa è ciò che non conosciamo, cioè ciò che intuiamo. L’intuizione nasce nell’uomo dal “fuori”, non come tutto il resto che appare con ragione, collocato nel mondo delle cose e con tutte le connessioni necessarie: nasce dentro l’uomo ma fuori dal “tavolo”. E’ un punto della retta che penzola fuori.” I tortelli erano davvero buoni, una delizia. Non mangiammo altro. Dopo pagammo, salutai il proprietario, un caro vecchio amico, e ce ne andammo.

Da Venerio
Aurelio Visconti
piccolo hotel aurora
ARS fotografia
Banca Tema