In onore di Luigi Rosatelli

luigiLuogo isolato e aspro come pochi, grigio di intonaci, ventoso, tanti sassi, e strade cattive per giungerci. Dice che Dio abbia creato il mondo in primavera “Temp’era dal principio del mattino, e ‘l sol montava ‘n sù con quelle stelle ch’eran con Lui quando l’amor divino mosse di prima quelle cose belle…”, Castell’azzara però non profuma di rose in fiore, ma più di resina di pino, di muschio. Anche Dante fa iniziare la Commedia tra l’otto e il nove aprile. Nella mia famiglia, io sono nato il 9, mia madre il 13, mia sorella il 21 e mio padre il 22. Aprile non è un mese facile. Chi ci nasce lo sa. È crudele nascere d’aprile mentre la vita si risveglia e si sforza di prosperare perpetuandosi nel mondo e nel cuore degli uomini. Infatti cosa di più vicino alla morte della vita. Nascere, per poi andarsene lasciando pochissimi ricordi rari e isolati, e tanta inutile memoria. Gigione era nato il 4 aprile, così mi sembrava e così mi ha confermato l’Anna. Ariete come me, aveva anche da giovane pochi capelli, ma tanti progetti, tante speranze; cambiava facilmente idea proprio come me, insomma potrei proseguire il periodo sulla falsariga di un quadro simile a quello che contiene la vita di tutti i giovani. Facciamo così, ti faccio un po’ di domande Gigi, e vediamo se mi rispondi. Perché io mi sono rotto di veder partire gli affetti e gli amici senza poter far niente. Caro Gigione, erano ormai due anni che tutte le volte che ti incontravo ti dicevo “dai stiamo un po’ insieme”. Allora, mi vuoi dire dove sei, dove cavolo sei andato? Così all’improvviso, lasciando tutti quelli che ti volevano bene a bocca aperta. L’hai fatto apposta per stupirci tutti, per confermare che artisti si nasce e si muore, e che te artista lo eri? Io lo sapevo che eri artista, non c’era bisogno che tu morissi per dimostrarmelo. Gigione non si fa, potevi avvisarmi qualche giorno prima. Ci si poteva anche organizzare e magari partire insieme, si avvisava a casa: “Sai Anna faccio un giro largo con il Bencini, partiamo poi vediamo…”. Roberta con te il permesso me lo avrebbe dato. Mi hanno detto che sei morto in chiesa, non male, luogo migliore non lo potevi scegliere. Mi ricordo quando insieme negli anni ottanta andammo a pesca lungo il Rigo, giù per quei calanchi arsi e aridi ci fermammo in pochi ombrosi tomboli, prendesti quattro fantastiche trote. Quasi morimmo di sete tornando. Era estate in mezzo al giorno. Come due ragazzini cicciottelli con poco giudizio, ansimando e con la lingua saldata al palato ne uscimmo vittoriosi. Le trote me le regalasti. Capisco che è poco che sei arrivato costassù, ma se si potesse pescare fammelo sapere ché almeno, quando verrò anch’io, porterò le canne. Forse era il 1990 o ’91, di preciso non ricordo, a Milano rimasi da te, se non sbaglio, più di dieci giorni; mi ospitasti mentre mio padre era ricoverato per un’operazione cattiva, maligna. Nei momenti liberi mi portasti a teatro, non ricordo che cosa interpretavi, troppo tempo è passato: era un monologo, una sorta di errabonda solipsistica meditazione a voce alta. Se chiudo gli occhi ti vedo. Poi un pomeriggio prima di cena andammo in un mercatino all’aperto dietro il duomo, comprammo un chilo di mascarpone freschissimo tirato su da una botticella con un mestolo. Lo mangiammo tutto, con le noci, a casa. Il ricordo è vivo, ma è cosa segreta, preziosa. Me lo tengo stretto. Tanti confondono i ricordi con la memoria. Invece la seconda è semplice calendario mentre i primi sono i compagni di notti insonni in cui si piange a pugni stretti pensando a chi si è amato e non c’è più. Io non sto scrivendo di te. Gigione ti sto parlando, ti ho di fronte. Dimmi la verità non avevi pace, eri sempre alla ricerca di qualcosa, che non arrivava, e che dubitavi poter ottenere. Ti posavi come una rondine, un secondo, ma poi ripartivi, ripartivi come tutti gli arieti, incostante sempre. Leonardo non si sa se nacque il 15 o 16 aprile, l’anno e il mese sono certi invece; come è certo che molte furono le cose che non portò a termine, che non riuscì a terminare come voleva. Certo Leonardo, genio universale, ci ha lasciato miracoli di pittura e di letteratura scientifica, certo non è possibile nemmeno un paragone tra la vita sua e la tua. Ma nella tua c’è il mio ricordo, ci sono io, ci sono momenti indimenticabili, che sono miei, solo miei. Leonardo è l’artista che preferisco per la sua fragilità, per il suo non aver pace, per essere così diverso da Michelangelo. Leonardo, però, come me, come te, non aveva pace, e come in lui anche in te c’era quel furore interiore alla ricerca. Deve essere aprile il problema. Senti, fammi il favore di cercare qualche bettola e qualche teatrino, sono convinto che, dove sei, qualcosa c’è, così almeno quando arrivo si sa già dove andare a tormentarci sì, ma anche a ridere e a giocare come i bambini. I bambini oggi non vanno di moda, non ci sono più, parlo dei bambini adulti come me e te. Oggi si vive per morire da vivi senza accorgercene, si muore che siamo già morti. Dimmi la verità, sei scappato per non morire. Ti voglio bene Gigione caro.

 

Da Venerio
Aurelio Visconti
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