a cura di Simone Fagioli
Benvenuto, San Bernardino. È un onore straordinario poterla intervistare. Le sue predicazioni e i racconti della sua vita ci offrono una prospettiva unica sul suo tempo e sui suoi insegnamenti. Basandoci anche sui documenti che ci ha lasciato, vorremmo approfondire alcuni aspetti della sua vita e del suo pensiero.
San Bernardino. Sia lodato Gesù Cristo. Sono sempre pronto a condividere la parola del Signore e a riflettere sul cammino della fede.
San Bernardino, lei ha viaggiato moltissimo attraverso l’Italia, e in particolare ha avuto un legame significativo con la campagna senese. Quali sono state le sue impressioni di questo paesaggio così caratteristico?
S.B. La mano di Dio si manifesta in ogni aspetto del creato, e la campagna senese ne è una vivida testimonianza. Ho avuto modo di percorrerla in lungo e in largo, e la sua bellezza austera e al contempo fertile ha sempre toccato profondamente la mia anima. Le dolci colline che si susseguono, ora brulle sotto il sole cocente, ora verdeggianti di messi rigogliose, parlano della ciclicità della vita e della provvidenza divina che nutre ogni creatura. I campi di grano dorato ondeggianti al vento mi ricordavano la parabola evangelica del seminatore, e come la parola di Dio possa germogliare in cuori aperti e generosi.
Le vigne, con i loro filari ordinati che oggi si estendono a perdita d’occhio, mi facevano pensare alla cura e alla dedizione che l’uomo deve porre nel coltivare i doni di Dio, trasformando la terra in fonte di sostentamento e di gioia. E poi gli uliveti, con i loro alberi secolari dalle forme contorte, testimoni silenziosi della storia e della fatica dell’uomo, ma anche simbolo di pace e di benedizione, con il loro prezioso frutto che dona l’olio, elemento essenziale nella vita quotidiana e nei riti sacri.
Le terre rosse, così caratteristiche di questa regione, mi evocavano la passione di Cristo e il sangue versato per la nostra salvezza. E i boschi, con la loro quiete e la loro ombra, offrivano un rifugio per la preghiera e la meditazione, un luogo dove l’anima poteva ritirarsi dal frastuono del mondo e trovare ristoro nella contemplazione del Creatore.
Non posso dimenticare i borghi e le città che punteggiano questo paesaggio, con le loro torri che si ergono verso il cielo come un anelito all’infinito, e le loro mura che racchiudono secoli di storia e di fede. Siena, in particolare, con la sua Piazza del Campo, teatro di vita civile e religiosa, e il suo Duomo imponente, espressione della devozione popolare, ha sempre esercitato su di me un fascino particolare.
Questo paesaggio, nella sua varietà e nella sua armonia, mi ha sempre ricordato che anche le nostre vite, con le loro gioie e i loro dolori, le loro fatiche e i loro riposi, fanno parte di un disegno più grande, voluto da un Padre amorevole che si prende cura di ogni sua creatura.
La zona intorno a Seggiano, sul Monte Amiata, ha un significato speciale nella sua vita, in particolare per quanto riguarda il convento del Colombaio. Potrebbe parlarcene più diffusamente?
S.B. Il convento del Colombaio è un luogo che porto nel cuore con particolare affetto. Fu uno dei primi conventi in Toscana a passare sotto la gestione degli Osservanti, il movimento di riforma all’interno dell’Ordine Francescano a cui ho dedicato la mia vita. La sua posizione isolata, immersa nella quiete dei boschi del Monte Amiata, lo rendeva un luogo ideale per la preghiera, la meditazione e lo studio.
Ricordo ancora il giorno in cui arrivai al Colombaio. L’aria fresca e pulita della montagna, il profumo dei boschi, il canto degli uccelli: tutto invitava al raccoglimento e alla contemplazione. La semplicità del convento, con le sue celle spartane e la sua piccola chiesa, rifletteva lo spirito di povertà e di umiltà che animava Padre Francesco e i suoi seguaci.
Al Colombaio ho trascorso periodi di intensa formazione spirituale e intellettuale. Lì ho approfondito lo studio delle Sacre Scritture e della teologia, preparandomi all’attività pastorale e alla predicazione che avrebbero caratterizzato gran parte della mia vita. In quel luogo di pace e di silenzio, ho potuto ascoltare più chiaramente la voce di Dio e discernere la sua volontà per me.
Il convento divenne presto un centro nevralgico per la diffusione della riforma osservante in Toscana e oltre. Molti giovani desiderosi di seguire le orme di Padre Francesco venivano lì per ricevere la loro formazione e per abbracciare la vita religiosa. Il Colombaio era un luogo di preparazione per i novizi, dove venivano istruiti nei principi fondamentali della fede e nella pratica delle virtù cristiane.
La sua scelta non fu casuale. La sua posizione remota e la sua atmosfera di austerità lo rendevano un luogo adatto a favorire la penitenza e la mortificazione dei sensi, elementi importanti nella spiritualità francescana. Ma allo stesso tempo, la bellezza del paesaggio circostante e la tranquillità della natura offrivano un ambiente propizio alla contemplazione e all’elevazione dell’anima verso Dio.
Anche dopo aver lasciato il Colombaio per intraprendere i miei viaggi di predicazione, ho sempre mantenuto un legame spirituale con quel luogo. Sapevo che lì continuavano a vivere frati dediti alla preghiera e alla penitenza, sostenendo con la loro vita di fede la mia opera di evangelizzazione.
Oggi apprendo con gioia che ci sono progetti per recuperare e valorizzare questo luogo così importante per la mia storia e per la storia dell’Ordine Francescano. L’idea di restaurare l’antico convento e la chiesa a me dedicata in paese mi sembra un’iniziativa lodevole che unisce la valorizzazione del patrimonio storico e spirituale con la promozione del territorio.
A proposito di Seggiano, la zona è rinomata per il suo olio d’oliva. Lei ha avuto un legame particolare o delle riflessioni specifiche sull’olio prodotto in questa zona?
S.B. L’olio di Seggiano è un dono prezioso della terra, frutto del lavoro sapiente e paziente degli uomini. Come ho spesso ricordato nelle mie predicazioni, il lavoro è un elemento fondamentale della vita umana, un modo per partecipare all’opera creatrice di Dio e per provvedere al proprio sostentamento e a quello della comunità.
L’olivo, con la sua longevità e la sua robustezza, è un simbolo di pace e di speranza. Le sue radici affondano profondamente nella terra, così come la fede deve radicarsi nel cuore dell’uomo. I suoi rami si protendono verso il cielo, così come l’anima deve aspirare alle cose celesti. E il suo frutto, l’oliva, da cui si ricava l’olio, è un elemento essenziale nella nostra vita, sia per l’alimentazione che per l’illuminazione e per i riti sacri.
Ho sempre avuto grande rispetto per il lavoro dei contadini e degli agricoltori, che con la loro fatica quotidiana coltivano la terra e ci offrono i suoi frutti. L’olio di Seggiano, con la sua qualità e il suo sapore unici, è un’eccellenza del territorio, un prodotto che testimonia la ricchezza e la varietà dei doni che la natura ci offre.
Nelle mie predicazioni, ho spesso utilizzato immagini tratte dalla vita agricola per illustrare concetti spirituali. Così come l’agricoltore ara la terra, semina il seme e attende con pazienza il raccolto, così anche l’uomo deve preparare il suo cuore ad accogliere la parola di Dio, seminarvi le virtù e attendere con fiducia i frutti della grazia.
L’olio, con la sua capacità di ungere e di lenire, mi ricordava spesso la misericordia di Dio che consola e guarisce le ferite dell’anima. L’unzione con l’olio è un gesto antico e significativo, presente in molte tradizioni religiose, che simboleggia la consacrazione, la forza e la guarigione.
Sono lieto di sapere che oggi si sta portando avanti un progetto per valorizzare l’Olio di Seggiano, legandolo al recupero dei luoghi della mia predicazione. Questa iniziativa mi sembra un modo concreto per onorare la storia e le tradizioni del territorio, promuovendo al contempo uno sviluppo sostenibile e rispettoso dell’ambiente.
Le sue predicazioni toccavano spesso il tema delle vanità del mondo. Vedeva il paesaggio come un elemento che poteva distrarre dalle aspirazioni spirituali, o lo trovava invece un ambiente favorevole alla contemplazione?
S.B. Il mondo è pieno di insidie e di tentazioni che possono allontanare l’uomo da Dio. Le ricchezze, gli onori, i piaceri effimeri spesso seducono il cuore umano, facendogli dimenticare i veri valori e il fine ultimo della sua esistenza. Nelle mie predicazioni, ho sempre messo in guardia contro queste vanità, esortando gli uomini a distaccarsi dai beni materiali e a concentrarsi sulle realtà eterne.
Tuttavia, non ho mai considerato la natura e il paesaggio come unicamente fonte di distrazione. Al contrario, ho sempre creduto che il creato, in quanto opera di Dio, possa essere una via privilegiata per giungere alla conoscenza e all’amore del Creatore. La bellezza del mondo naturale, la sua armonia, la sua complessità, tutto parla della sapienza e della potenza divina.
Contemplare un cielo stellato, ammirare la maestosità delle montagne, ascoltare il canto degli uccelli, sentire il profumo dei fiori: tutto questo può elevare l’anima a Dio e suscitare in essa sentimenti di meraviglia, di gratitudine e di adorazione. La natura è come un libro aperto, scritto dalla mano di Dio, che ci rivela la sua bellezza e la sua bontà.
Certo, anche la natura può essere oggetto di attaccamento e di idolatria. Se ci fermiamo alla superficie delle cose, se ci lasciamo sedurre unicamente dalla loro bellezza esteriore, rischiamo di perdere di vista il loro significato più profondo e il loro legame con il Creatore. Per questo è importante contemplare la natura con uno spirito di fede, cercando in essa le tracce della presenza divina.
Ho spesso trovato rifugio nella natura per pregare e meditare. La quiete dei boschi, il silenzio delle montagne, il ritiro in luoghi isolati mi offrivano un ambiente ideale per raccogliermi in me stesso, per ascoltare la voce di Dio e per discernere la sua volontà. In quei momenti di intimità con il Creatore, la bellezza del paesaggio circostante non era una distrazione, ma un aiuto, un invito a elevare la mente e il cuore verso le cose celesti.
Anche nei miei viaggi di predicazione, ho spesso utilizzato immagini tratte dalla natura per rendere più vivi ed efficaci i miei discorsi. Ho parlato del sole che illumina il mondo come Cristo illumina le anime, del seme che germoglia nella terra come la parola di Dio nel cuore dell’uomo, della tempesta che purifica l’aria come la penitenza purifica l’anima. In questo modo, ho cercato di mostrare come la natura, nella sua semplicità e nella sua bellezza, possa essere una fonte inesauribile di insegnamenti spirituali.
Lei era noto per la sua profonda devozione al Santissimo Nome di Gesù, spesso simboleggiato dal trigramma IHS. Il mondo naturale ha mai ispirato le sue riflessioni su questa adorazione?
S.B. La devozione al Santissimo Nome di Gesù è stata il cuore pulsante della mia spiritualità e della mia predicazione. Ho sempre creduto che nel Nome di Gesù si racchiuda tutta la potenza, la sapienza e l’amore di Dio. Invocare il Nome di Gesù è come aprire una porta sul cielo, è attingere alla fonte della grazia e della salvezza.
Il mondo naturale, nella sua mirabile organizzazione e nella sua intrinseca bellezza, mi ha spesso ispirato riflessioni sulla grandezza e la gloria del Nome di Gesù. Il sole, con la sua luce radiosa che illumina e riscalda il mondo, mi ha sempre ricordato lo splendore del Nome di Gesù, che illumina le menti e infiamma i cuori con il fuoco del divino amore.
La luna, con la sua luce soffusa che rischiara la notte, mi evocava la dolcezza e la misericordia del Nome di Gesù, che consola le afflizioni e dona speranza nelle tenebre del peccato e della sofferenza. Le stelle, con la loro moltitudine e la loro immensità, mi facevano pensare all’infinita grandezza e alla maestà del Nome di Gesù, che trascende ogni limite e ogni comprensione umana.
Le acque limpide dei fiumi e dei laghi mi ricordavano la purezza e la vitalità del Nome di Gesù, che purifica le anime dalle macchie del peccato e le disseta con la fonte della vita eterna. La terra fertile, che produce frutti abbondanti per il sostentamento dell’uomo, mi parlava della fecondità del Nome di Gesù, che porta frutti di santità e di salvezza in coloro che lo invocano con fede.
Anche le creature animali, nella loro varietà e nella loro bellezza, mi offrivano spunti per meditare sul Nome di Gesù. La forza del leone, la velocità del cervo, la saggezza della formica, la dolcezza dell’agnello: tutto mi rimandava alle diverse perfezioni che si ritrovano in modo eminente nel Nome di Gesù.
Il trigramma IHS, che ho promosso con tanta passione, è un simbolo potente che racchiude in sé il mistero dell’Incarnazione e della Redenzione. Le tre lettere greche che abbreviano il Nome di Gesù (I?s???) sono come un compendio di tutta la storia della salvezza, dal concepimento verginale alla morte in croce e alla gloriosa risurrezione.
Diffondere il Nome di Gesù attraverso questo simbolo era per me un modo per rendere presente e vivo il mistero della sua Incarnazione in mezzo al popolo cristiano. Volevo che tutti potessero avere sotto gli occhi questo segno di speranza e di salvezza, un invito costante a invocare il Nome di Gesù in ogni momento della vita, nelle gioie e nei dolori, nelle difficoltà e nelle tentazioni.
La natura, con la sua ricchezza di simboli e di significati, è stata per me un libro sempre aperto, una fonte inesauribile di ispirazione per la mia devozione al Santissimo Nome di Gesù. Contemplando le meraviglie del creato, ho potuto comprendere più profondamente la grandezza e l’amore di Colui che è il Signore della vita e della storia.
Le sue predicazioni affrontavano anche l’importanza della giustizia e del buon governo all’interno delle comunità. Come si collegavano il paesaggio e le risorse che offriva a questi temi?
S.B. La giustizia è un fondamento essenziale per la convivenza pacifica e prospera all’interno di una comunità. Nelle mie predicazioni, ho sempre esortato i governanti e i cittadini a praticare la giustizia in ogni ambito della vita sociale, dal rispetto dei diritti di ciascuno alla corretta amministrazione della cosa pubblica.
Il paesaggio e le risorse che esso offre hanno un ruolo importante nel contesto della giustizia sociale. La terra, con i suoi frutti, è un bene comune che deve essere gestito con saggezza e responsabilità, in modo da garantire il benessere di tutti. Coloro che possiedono la terra e le sue risorse hanno il dovere di utilizzarle non solo per il proprio profitto, ma anche per il bene della comunità, creando opportunità di lavoro e di sviluppo per tutti.
Ho sempre condannato lo sfruttamento della terra e delle risorse naturali a fini puramente egoistici, senza tener conto delle esigenze delle generazioni future e del rispetto per l’ambiente. La giustizia richiede che si trovi un equilibrio tra l’utilizzo delle risorse e la loro conservazione, in modo da non compromettere il futuro del pianeta e il benessere delle prossime generazioni.
Anche la distribuzione delle risorse deve avvenire secondo criteri di giustizia. Ho spesso denunciato le disuguaglianze sociali e le ingiustizie economiche che vedevano pochi individui accumulare ricchezze immense a scapito di molti che vivevano in povertà e in miseria. La giustizia richiede che si garantisca a tutti l’accesso ai beni essenziali per una vita dignitosa, come il cibo, l’acqua, la casa, la sanità e l’istruzione.
Il buon governo è strettamente legato alla giustizia. I governanti hanno la responsabilità di amministrare la cosa pubblica con onestà, integrità e imparzialità, promuovendo il bene comune e tutelando i diritti di tutti i cittadini, specialmente dei più deboli e vulnerabili. La corruzione, il favoritismo, l’abuso di potere sono gravi violazioni della giustizia e minano la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.
Nelle mie predicazioni, ho spesso ricordato ai governanti il loro dovere di essere al servizio del popolo, di ascoltare le sue esigenze e di agire per il suo bene. Ho esortato i cittadini a partecipare attivamente alla vita pubblica, a far sentire la propria voce e a chiedere conto ai propri governanti del loro operato.
Il paesaggio, con la sua bellezza e la sua armonia, può essere anche un modello per una società giusta e ben governata. Così come i diversi elementi della natura cooperano tra loro per mantenere l’equilibrio dell’ecosistema, così anche i diversi membri della comunità devono collaborare per costruire una società più giusta e solidale.
Lei incoraggiava le persone ad allontanarsi dal peccato e ad abbracciare la virtù. Trovava che la bellezza del mondo naturale potesse servire da monito dei benefici di una vita virtuosa?
S.B. Certamente. Il mondo naturale è un riflesso della perfezione divina e può offrire preziosi insegnamenti sulla via della virtù. Così come un giardino ben curato produce fiori e frutti meravigliosi, così anche una vita virtuosa porta frutti di santità e di beatitudine.
La bellezza del creato può attrarre l’anima e condurla a contemplare la bellezza ancora più grande di Dio, fonte di ogni bellezza. Ammirare un tramonto infuocato, la maestosità di una montagna innevata, la delicatezza di un fiore selvatico può suscitare nel cuore umano un desiderio di purezza, di grandezza e di perfezione, spingendolo a imitare le virtù divine.
L’ordine e l’armonia che regnano nella natura possono essere un esempio per la nostra vita morale. Così come le leggi fisiche governano il mondo naturale, così anche le leggi morali devono guidare le nostre azioni. Il rispetto per l’ordine naturale, per i suoi ritmi e per i suoi equilibri, può insegnarci il valore della disciplina, della temperanza e della moderazione.
Anche le creature animali, con i loro istinti e i loro comportamenti, possono offrirci spunti di riflessione sulle virtù. La fedeltà del cane, la laboriosità dell’ape, la previdenza della formica, la mitezza dell’agnello possono essere modelli da imitare nella nostra vita spirituale.
Allo stesso tempo, il mondo naturale può anche mostrarci le conseguenze negative del peccato e del vizio. Una terra arida e sterile, un fiume inquinato, un bosco devastato dagli incendi sono immagini che richiamano alla mente la sterilità del peccato, la corruzione dell’anima e la distruzione che il male porta con sé.
Nelle mie predicazioni, ho spesso utilizzato similitudini tratte dalla natura per illustrare i benefici della virtù e i danni del vizio. Ho parlato della luce che dissipa le tenebre come la grazia che illumina l’anima, della tempesta che distrugge i raccolti come il peccato che devasta la vita spirituale, del frutto dolce e saporito della virtù e del frutto amaro e velenoso del vizio.
In questo modo, ho cercato di mostrare come la natura, nella sua bellezza e nella sua fragilità, possa essere un costante richiamo alla responsabilità morale e un invito a scegliere la via della virtù, che conduce alla vera felicità e alla vita eterna.
Infine, San Bernardino, lei ha lasciato un’eredità duratura di fede e di devozione. Quale messaggio vorrebbe offrire a coloro che vivono oggi in questo paesaggio che lei ha tanto amato?
S.B. A voi che vivete in questa terra benedetta, ricca di storia, di bellezza e di tradizioni, vorrei rivolgere un appello accorato: amate Dio con tutto il vostro cuore, con tutta la vostra anima e con tutta la vostra mente. Cercate il suo Regno e la sua giustizia, e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta.
Custodite con cura la bellezza di questo paesaggio, che è un dono prezioso del Creatore. Rispettate la terra, coltivatela con saggezza e responsabilità, traendone i frutti necessari per la vostra sussistenza, ma senza depauperarla o inquinarla. Ricordatevi che siete solo amministratori di questo bene comune, che deve essere tramandato integro alle future generazioni.
Valorizzate le tradizioni di fede che hanno plasmato la vostra storia e la vostra cultura. Mantenete vive le pratiche di pietà, partecipate con fervore alla vita della Chiesa, nutritevi dei Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia, che è il pane della vita eterna.
Siate solidali gli uni con gli altri, specialmente con i più poveri e bisognosi. Aprite i vostri cuori alla carità fraterna, condividete i vostri beni con chi è nel bisogno, visitate gli ammalati, consolate gli afflitti. Ricordatevi che ogni uomo è vostro fratello, creato a immagine e somiglianza di Dio.
Siate onesti e giusti nel vostro lavoro, nelle vostre relazioni sociali, nella vostra vita pubblica. Rispettate le leggi, adempite i vostri doveri, contribuite al bene comune. Combattete la corruzione, l’ingiustizia, ogni forma di sopruso e di violenza.
Siate temperanti e moderati nell’uso dei beni materiali. Non lasciatevi sedurre dalle vanità del mondo, dalle ricchezze effimere, dai piaceri passeggeri. Cercate piuttosto i veri tesori, quelli che non si corrodono e non si perdono, quelli che vi aspettano nel Regno dei cieli.
E soprattutto, non dimenticate mai il Santissimo Nome di Gesù. Invocatelo con fiducia in ogni momento della vostra vita, nelle gioie e nei dolori, nelle difficoltà e nelle tentazioni. Il Nome di Gesù è fonte di salvezza, di guarigione, di consolazione e di speranza. Portatelo sempre nel vostro cuore e sulle vostre labbra, e testimoniatelo con la vostra vita.
Vivete con fede, con speranza e con carità. Siate testimoni del Vangelo in questo mondo, con la vostra parola e con il vostro esempio. E così, un giorno, potrete godere della beatitudine eterna nella gloria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.