La Leggenda di Barlaàm

Si tratta di una leggenda narrata in un romanzo indiano medievale arrivato in Europa nell’XI secolo, tradotto in greco e in latino, dove divenne famoso per i valori simbolici che conteneva e ben accetti alla Chiesa dell’epoca, che non mancò di attribuirgliene, traducendolo in modo tale da soddisfare in pieno le proprie esigenze d’insegnamento e di ammonimento ai fedeli.

Narra di un certo Barlaàm che, arrampicato sopra un albero, è intento a raccogliere e a mangiare miele da un favo d’api trovato tra i rami, incurante del lavoro incessante di due roditori che attaccano, con i loro denti, la base dell’albero che, inevitabilmente, verrà abbattuto. Sotto l’albero un drago è in attesa che questo avvenga così da accogliere nelle sue fauci, l’ignaro malcapitato che potrebbe essere ingoiato dal drago mentre sta godendo della dolcezza del miele. E qui si legge il valore simbolico del racconto: i due roditori rappresentano il Giorno e la Notte, il passare del tempo, e l’uomo che sta assaporando le gioie più belle della vita, non pensa che la Morte, simboleggiata dal Drago, può raggiungerlo anche in un momento particolarmente felice per lui.

Anche l’arte figurativa si è interessata al racconto, infatti è nota la lunetta scolpita nel portale sud del Battistero di Parma, “detto della vita”, opera del grande scultore medievale, una delle più importanti personalità dell’arte romanica, Benedetto Antèlami, tra il 1196 e il 1219.

Ed è sorprendente che un fatto culturale così importante, venuto da lontano, abbia raggiunto anche il territorio del Monte Amiata. Infatti nel centro storico di Santa Fiora, in via del Fondaccio, ai numeri civici 5 e 7, nei pressi della Pieve delle sante Fiora e Lucilla, scendendo dalla via Carolina, svoltando a sinistra prima di raggiungere la facciata della Chiesa, nel lato sinistro della strada, ci si imbatte in due architravi di portali di altrettante abitazioni nei quali sono scolpite due scene in bassorilievo. Sono indicate come scene di caccia; così si scrive in merito: “In via del Fondaccio sono pure due architravi di porta al n. 7 scolpiti con Scene di caccia al cinghiale risalenti al XIII secolo” (Guida Storico-Artistica alla Maremma, a cura di Bruno Santi). In una, il tema è pertinente con il titolo dato alla raffigurazione, mentre, nell’altra, anche se così viene intitolata, non si tratta di una scena di caccia ma della rappresentazione tratta dal romanzo indiano in questione. Non si conosce il nome dell’autore né mi sento di azzardare una data di esecuzione ma si tratta, sicuramente di un rilievo in trachite dell’Amiata realizzato da uno scalpellino locale che, purtroppo, è in condizioni di lettura precario in quanto alcune parti sono abrase, ‘sfogliate’ e quasi scomparse ma sufficienti per essere riportati con certezza al suddetto tema, se si ha l’occhio allenato, la conoscenza e la necessaria preparazione per poterlo dimostrare. Naturalmente il rilievo di Santa Fiora non è da paragonare a quello scolpito da Benedetto Antèlami, uno dei più grandi scultori del XIII secolo; sarebbe un grave errore farlo.

Giombattista Corallo

 

santa fiora caccia al cinghiale

Scena di caccia al cinghiale
XIII secolo?, Santa Fiora (Grosseto), architrave in via del Fondaccio

 

la leggenda di barlam

La leggenda di Barlaàm
XIII secolo?, Santa Fiora (Grosseto), architrave in via del Fondaccio

 

la leggenda di barlam 2

La leggenda di Barlaàm
Benedetto Antelami, 1196-1219, Parma Battistero

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