Natività di Giovanni Battista

In una tela del XVII secolo già conservata nella chiesa di San Leonardo e ora collocata in fondo alla navata destra della Chiesa del SS. Sacramento o Chiesa Piccina, sempre a Castel del Piano, è rappresentata una composizione con il tema iconografico della Natività di Giovanni Battista, che ha, in primo piano a destra, una figura femminile seduta che, verosimilmente, è da riconoscere in Maria Vergine che reca in braccio il piccolo Giovanni Battista appena nato: “e quando il figlio fu nato lo sollevò con le sue sante mani” (Jacopo da Varagine, Legenda aurea).

La Vergine si trovava nella casa della cugina già da tempo convenuta per aiutarla in quei particolari momenti e anche Lei era incinta e, quindi, non aveva ancora dato alla luce Gesù che nascerà circa sei mesi dopo: “Al sesto mese giunse da Elisabetta, per rallegrarsi con lei, la Beata Vergine Maria che aveva già concepito il Signore” (Jacopo da Varagine, Legenda aurea).

Il Bambino è nudo e il suo corpo è accompagnato da un panneggio chiaro che poggia sulle gambe della Donna. Indica, con l’indice della mano destra, Maria come per anticipare la notizia che da quella Vergine verrà al mondo colui a cui Giovanni il Battezzatore non si reputa degno nemmeno di legargli i lacci dei sandali: “Io vi battezzo con acqua, ma sta per venire uno che è più potente di me. Io non sono degno neppure di allacciargli i sandali. Lui vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco.” (Luca, 3, 16).

Sulla sinistra una giovane leggermente piegata in avanti, versa dell’acqua da una grande brocca in una bacinella che servirà per il bagno del piccolo. Su questo recipiente si nota uno stemma che potrebbe essere quello della famiglia del committente dell’opera e, davanti a questa, è poggiata un’altra brocca, con l’ansa che fuoriesce in altezza dal labbro, dietro la quale fa capolino un gatto nero con una macchia bianca sulla faccia.

In primissimo piano, un’altra figura femminile di dimensioni notevolmente inferiori rispetto alle altre figure, specialmente rispetto a quella della Vergine, seduta, regge in mano una pila di panni chiari che, verosimilmente, serviranno per asciugare e per vestire il neonato.

In fondo, dietro la donna che versa l’acqua si vede una parte del letto coperto da un baldacchino formato da quattro colonne corinzie, sul quale è distesa Elisabetta, la puerpera, assistita da due ancelle: una a sinistra che s’intravede appena, l’altra a destra che le porge una tazza.

Dietro alla Vergine, in piedi, vi è una donna con il capo coperto, in fondo ancora una ragazza che porta in mano un vassoio e un’altra che scosta la tenda scura che separa gli ambienti.

Nella parte centrale dello sfondo è raffigurato Zaccaria, il padre, riconoscibile dal caratteristico copricapo bicuspidato portato dai sacerdoti del Tempio, mentre scrive il nome del nascituro per il motivo già spiegato nel Vangelo di Luca, accompagnato da una giovane donna leggermente piegata verso di lui.

In prospettiva è visibile un’arcata a tutto sesto, parzialmente coperta dal tendaggio, che conduce all’aperto. Tutte le figure sono caratterizzate da abiti ampi, vaporosi, tipici dell’epoca in cui il dipinto fu realizzato, ampie vesti, infatti, coprono i corpi plastici dei personaggi femminili lasciando una parte del petto nudo.

Il registro superiore della composizione è occupato da alcuni Angeli: uno regge l’incensiere aiutato da un angelo più piccolo, l’altro, musicante, con un liuto in mano nell’atto di suonare mentre un Angioletto regge uno spartito e, forse canta, mentre un altro fa cadere dei fiori verso il basso. Tutti poggiano sopra una chiara e soffice nuvola.

L’insieme è compreso entro lo spazio di una tela centinata già attribuita erroneamente a Francesco Vanni: «Bottega senese. Attribuito a Francesco Vanni, secondo una nota di Fiora Bonelli citando una relazione del 1860.», (Jacqueline Ascoli, La vita e il culto della Madonna nell’arte e nella devozione popolare di Castel del Piano – Itinerari storici artistici religiosi, ma ora riportata nell’ambito di Agostino Marcucci, pittore a Siena (?, 1591 – Siena, 1626): «Per abbellire quell’altare il pievano della Ciaia pensò opportuno commissionare “la tavola della Natività di S. Gio. Battista” ad un bravo pittore “M. Agostino Marcucci della quale tavola – scrive – gli dei venticinque piastre, et feci le spese d’esso et figlio più di cinque mesi”. Alla fine del Settecento, primi dell’800, il quadro fu trasferito nella canonica della chiesa di San Leonardo dato che l’antica pieve ‘fuori del paese in mezzo alle acque’ ed anche perché non più officiata, era moltissimo umida» (Salvatore di Salvo, Nuove attribuzioni al pittore Agostino Marcucci – Notizie inedite su chiese e dipinti a Castel del Piano, Amiata Storia e Territorio n.43, Aprile 2003)

È contraddistinto da forme solide distribuite nella superficie in maniera molto equilibrata e si collega, con questi valori, ad un’altra opera pittorica dello stesso autore custodita nella chiesa di Santa Maria delle Grazie, sempre a Castel del Piano, in cui è rappresentato il tema della Madonna del Rosario e Santi. Nonostante i personaggi compiano azioni in movimento sembra che il movimento stesso venga di colpo bloccato anche nelle parte alta dove gli angeli si esprimono in una dinamicità misurata all’interno della semicircolarità della centina che sottolinea l’andamento della composizione nella tela.

Il momento è particolarmente gioioso ma i festeggiati: il Bambino, e i suoi genitori e tutte le persone che partecipano al lieto evento, sembra che non abbiano voglia di fare un accenno di sorriso. Sono tutti imbronciati, con espressione severa, come se la venuta al mondo di chi ha avuto il privilegio di precorrere nientemeno che Gesù Cristo abbia fatto loro soltanto un dispetto. E questa immobilità sia fisica sia espressiva si legge anche negli angeli che rimangono perplessi dinanzi ad un fatto straordinario come quello di cui sono, in quel momento, testimoni. E il gatto?

Anche il gatto nero presente nella scena ha timore di farsi vedere e rimane nascosto dietro una brocca dall’alta ansa ricurva. E questo animale è la chiave di lettura del quadro in questa direzione. È il presentimento che richiama i drammatici eventi che porteranno il futuro Giovanni Battista a morire decapitato per la sua purezza d’animo e la sua schiettezza nel giudizio espresso nei confronti del rapporto incestuoso di una donna (Erodiade), a dir poco, spregiudicata nei costumi, e del suo amante (Erode Antipa), fratello del marito. Nella Bibbia viene nominato una sola volta a proposito del giudizio sugli idoli: “Sul loro corpo e sulla loro testa svolazzano pipistrelli, rondini, uccelli e anche gatti.” (Baruc, 6, 21), e il Cristianesimo gli attribuisce il valore di simbolo negativo con il significato di pigrizia, oscurità e di animale molto vicino a Satana. La sua natura fu considerata demoniaca a partire dal Medioevo ma continuò ad essere giudicata tale anche in pieno Rinascimento e dopo.

Il tema della Natività del Battista è generalmente rappresentato in un ambiente domestico con il letto nel quale giace la puèrpera Elisabetta, mentre Maria, la futura madre di Gesù, regge il piccolo Giovanni: “Giunse intanto per Elisabetta il tempo di partorire e diede alla luce un bambino [….] Lo volevano chiamare Zaccaria, che era anche il nome di suo padre. Ma intervenne la madre: «No disse. Il suo nome sarà Giovanni.»” (Luca, 1, 57-60).

È presente anche il padre, Zaccaria, intento a scrivere su una tavoletta o su un foglio di carta, il nome del bambino. Infatti, non potendo esprimersi a voce in quanto divenuto temporaneamente muto per non aver creduto all’angelo Gabriele che gli aveva predetto la nascita di un figlio, lo scrive: “Zaccaria considerando la propria vecchiezza e la sterilità della moglie dubitò della veridicità di queste parole, e, secondo il costume dei giudei, chiese all’angelo un segno. L’angelo per punirlo di non aver creduto alle sue parole lo rese muto.” (Jacopo da Varagine, Legenda aurea); “Zaccaria chiese allora una tavoletta e scrisse: «Il suo nome è Giovanni». Tutti rimasero meravigliati. In quel medesimo istante Zaccaria aprì la bocca e riuscì di nuovo a parlare, e subito si mise a lodare Dio».” (Luca, 1, 63-64). Questo fatto miracoloso, secondo i vangeli, si è verificato otto giorni dopo la nascita del Precursore, anche se, quasi sempre, nell’arte viene raffigurato contemporaneamente alla natività, nella stessa composizione: “Quando il bambino ebbe otto giorni vennero per il rito della ‘circoncisione’.” (Luca, 1, 59).

Le forme, come già detto, sono realizzate con rilevante plasticità e s’impongono nello spazio con autorevolezza, uno spazio che determina una visione prospettica notevole che s’insinua fino in fondo alla composizione lasciando intravedere almeno cinque piani paralleli che degradano partendo dalle figure in primo piano, Elisabetta a letto e l’altra donna, Zaccaria mentre scrive, un’altra donna con un vassoio in mano e, infine, l’arco che conduce verso l’aria aperta con un paesaggio che s’intuisce appena. La tela misura cm 209×147,5.

Giombattista Corallo

 

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